Adriano in Siria, Madrid, Scrivano, 1757

 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
  Gran piazza d’Antiochia magnificamente adorna di trofei militari composti d’insegne, armi ed altre spoglie di barbari superati. Trono imperiale da un lato. Ponte sul fiume Oronte che divide la città sudetta.
 
 Di qua dal fiume ADRIANO, sollevato sopra gli scudi da’ soldati romani. AQUILIO, guardie e popolo. Di là dal fiume FARNASPE ed OSROA con seguito di parti che conducono varie fiere ed altri doni da presentare ad Adriano
 
 CORO DI SOLDATI ROMANI
 
    Vivi a noi, vivi all'impero,
 grande Augusto, e la tua fronte
 su l'Oronte prigioniero
 s'accostumi al sacro allor.
 
 PARTE DEL CORO
 
5   Della patria e delle squadre
 ecco il duce ed ecco il padre
 in cui fida il mondo intero,
 in cui spera il nostro amor.
 
 ALTRA PARTE DEL CORO
 
    Palme il Gange a lui prepari
10e d'Augusto il nome impari
 de l'incognito emisfero
 il remoto abitador.
 
 TUTTO IL CORO
 
    Vivi a noi, vivi all'impero,
 grande Augusto, e la tua fronte
15su l'Oronte prigioniero
 s'accostumi al sacro allor. (Nel tempo del coro, scende Adriano e sciogliendosi quella connessione d’armi, che serviva a sostenerlo, quei soldati che la componevano prendono ordinatamente sito fra gli altri)
 
 AQUILIO
 Chiede il parto Farnaspe
 di presentarsi a te. (Ad Adriano)
 ADRIANO
                                      Venga e s'ascolti. (Aquilio parte. Adriano sale sul trono e parla in piedi)
 Valorosi compagni,
20voi m'offrite un impero
 non men col vostro sangue
 che col mio sostenuto e non so come
 abbia a raccoglier tutto
 de' comuni sudori io solo il frutto.
25Ma se al vostro desio
 contrastar non poss'io, farò che almeno
 nel grado a me concesso
 mi trovi ognun di voi sempre l'istesso.
 A me non servirete;
30alla gloria di Roma, al vostro onore,
 alla publica speme,
 come finor, noi serviremo insieme. (Siede)
 CORO
 
    Vivi a noi, vivi all'impero,
 grande Augusto, e la tua fronte
35su l'Oronte prigioniero
 s'accostumi al sacro allor. (Nel tempo che si ripete il coro, passano il ponte Farnaspe, Osroa e tutto il seguito de’ parti. Tutti preceduti d’Aquilio che gli conduce)
 
 FARNASPE
 Nel dì che Roma adora
 il suo cesare in te, dal ciglio augusto,
 da cui di tanti regni
40il destino dipende, un guardo volgi
 al principe Farnaspe. Ei fu nemico;
 ora al cesareo piede
 l'ire depone e giura ossequio e fede.
 OSROA
 (Tanta viltà, Farnaspe,
45necessaria non è). (Piano a Farnaspe)
 ADRIANO
                                     Madre comune
 d'ogni popolo è Roma e nel suo grembo
 accoglie ognun che brama
 farsi parte di lei. Gli amici onora;
 perdona a' vinti; e con virtù sublime
50gli oppressi esalta ed i superbi opprime.
 OSROA
 (Che insoffribile orgoglio!)
 FARNASPE
                                                    Un atto usato
 dalla virtù romana
 vengo a chiederti anch'io. Del re de' Parti
 geme fra' vostri lacci
55prigioniera la figlia.
 ADRIANO
                                       E ben?
 FARNASPE
                                                       Disciogli,
 signor, le sue catene.
 ADRIANO
                                         (Oh dei!)
 FARNASPE
                                                             Rasciuga
 della sua patria il pianto; a me la rendi
 e quanto io reco in guiderdon ti prendi.
 ADRIANO
 Prence, in Asia io guerreggio,
60non cambio o merco. Ed Adrian non vende
 su lo stil delle barbare nazioni
 la libertade altrui.
 FARNASPE
                                    Dunque la doni.
 OSROA
 (Che dirà?)
 ADRIANO
                         Venga il padre;
 la serbo a lui.
 FARNASPE
                            Dopo il fatal conflitto,
65in cui tutti per Roma
 combatterono i numi, è ignota a noi
 del nostro re la sorte. O in altre rive
 va sconosciuto errando o più non vive.
 ADRIANO
 Finché d'Osroa palese
70il destino non sia, cura di lei
 noi prenderem.
 FARNASPE
                                Giacché a tal segno è Augusto
 dell'onor suo geloso,
 questa cura di lei lasci al suo sposo.
 ADRIANO
 Come! È sposa Emirena?
 FARNASPE
                                                 Altro non manca
75che il sacro rito.
 ADRIANO
                                (Oh dio!)
 Ma lo sposo dov'è?
 FARNASPE
                                     Signor, son io.
 ADRIANO
 Tu stesso! Ed ella t'ama?
 FARNASPE
                                                Ah fummo amanti
 pria di saperlo ed apprendemmo insieme
 quasi nel tempo istesso
80a vivere e ad amar. Crebbe la fiamma
 col senno e con l'età. Dell'alme nostre
 si fece un'alma sola
 in due spoglie divisa. Io non bramai
 che la bella Emirena. Ella non brama
85che il suo prence fedel. Ma quando meco
 esser doveva in dolce nodo unita,
 signor, che crudeltà! mi fu rapita.
 ADRIANO
 (Che barbaro tormento!)
 FARNASPE
                                                Ah tu nel volto,
 signor, turbato sei. Forse t'offende
90la debolezza mia. Di Roma i figli
 so che nascono eroi.
 So che colpa è fra voi qualunque affetto
 che di gloria non sia. Tanta virtude
 da me pretendi invano.
95Cesare, io nacqui parto e non romano.
 ADRIANO
 (Oh rimprovero acerbo! Ah si cominci
 su' propri affetti a esercitar l'impero).
 Prence, della sua sorte
 la bella prigioniera arbitra sia.
100Vieni a lei. S'ella siegue,
 come credi, ad amarti,
 allor... (dicasi alfin) prendila e parti. (Scende)
 
    Dal labro che t'accende
 di così dolce ardor
105la sorte tua dipende
 (e la mia sorte ancor).
 
    Mi spiace il tuo tormento,
 ne sono a parte e sento
 che del tuo cor la pena
110è pena del mio cor. (Parte Adriano seguito da tutte le guardie e soldati romani)
 
 SCENA II
 
 OSROA e FARNASPE
 
 OSROA
 Comprendesti, o Farnaspe,
 d'Augusto i detti? Ei d'Emirena amante
 di te parmi geloso e fida in lei.
 Amasse mai costei
115il mio nemico? Ah questo ferro istesso
 innanzi alle tue ciglia
 vorrei... No, non lo credo. Ella è mia figlia.
 FARNASPE
 Mio re, che dici mai? Cesare è giusto,
 ella è fedele. Ah qual timor t'affanna!
 OSROA
120Chi dubita d'un mal, raro s'inganna.
 FARNASPE
 Io volo a lei. Vedrai...
 OSROA
                                         Va' pur ma taci
 ch'io son fra' tuoi seguaci.
 FARNASPE
                                                  Anche alla figlia?
 OSROA
 Sì. Saprai quando torni
 tutti i disegni miei.
 FARNASPE
125Sì sì, mio re, ritornerò con lei.
 
    Già presso al termine
 de' suoi martiri
 fugge quest'anima
 sciolta in sospiri
130sul volto amabile
 del caro ben.
 
    Tra lor s'annodano
 sul labbro i detti
 e il cor, che palpita
135fra mille affetti,
 par che non tolleri
 di starmi in sen. (Parte seguito da tutto l’accompagnamento barbaro)
 
 SCENA III
 
 OSROA solo
 
 OSROA
 Dalla man del nemico
 il gran pegno si tolga
140che può farmi tremare. E poi si lasci
 libero il corso al mio furor. Paventa
 orgoglioso roman d'Osroa lo sdegno.
 Son vinto e non oppresso
 e sempre a' danni tuoi sarò l'istesso.
 
145   Sprezza il furor del vento
 robusta quercia avvezza
 di cento verni e cento
 l'ingiurie a tollerar.
 
    E se pur cade al suolo,
150spiega per l'onde il volo
 e con quel vento istesso
 va contrastando in mar. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 Appartamenti destinati ad Emirena nel palazzo imperiale.
 
 AQUILIO, poi EMIRENA
 
 AQUILIO
 Ah se con qualche inganno
 non prevengo Emirena, io son perduto.
155Cesare generoso
 a Farnaspe la rende, ancorché amante;
 e se tal fiamma oblia,
 che ad arte io fomentai, farà ritorno
 all'amor di Sabina, il cui sembiante
160porto sempre nel cor. Numi in qual parte
 Emirena s'asconde? Eccola. All'arte.
 EMIRENA
 Aquilio.
 AQUILIO
                  Principessa. Ah se vedessi
 da quai furie agitato
 Augusto è contro te! Farnaspe a lui
165ti richiese, gli disse
 che t'ama, che tu l'ami e mille in seno
 di Cesare ha destate
 smanie di gelosia. Freme, minaccia,
 giura che in Campidoglio,
170se in te non è la prima fiamma estinta,
 ei vuol condurti al proprio carro avvinta.
 EMIRENA
 Questo è l'eroe del vostro Tebro? Questo
 è l'idolo di Roma? A me promise
 che al rossor del trionfo
175esposta non sarei. Non è fra voi
 dunque il mancar di fé colpa agli eroi?
 AQUILIO
 Se un violento amore
 agita i sensi e la ragione oscura,
 Emirena, gli eroi cangian natura.
 EMIRENA
180In trionfo Emirena?
 Non lo speri Adriano. In Asia ancora
 si sa morir.
 AQUILIO
                        Senza parlar di morte,
 v'è riparo miglior. Cesare viene
 ad offrirti Farnaspe. Egli il tuo core
185spera scoprir così. Deh non fidarti
 della sua simulata
 tranquillità. Deludi
 l'arte con l'arte. Il caro prence accogli
 con accorta freddezza. Il don ricusa
190della sua man. Misura i detti e vesti
 di tale indifferenza il tuo sembiante
 come se più di lui non fussi amante.
 EMIRENA
 E il povero Farnaspe? Ah tu non sai
 di qual tempra è quel cuore. Io lo vedrei
195a tal colpo morir sugli occhi miei.
 AQUILIO
 Addio. Pensaci e trova,
 se puoi, miglior consiglio.
 EMIRENA
                                                 Odimi. Almeno
 corri, previeni il prence...
 AQUILIO
                                                 Eccolo.
 EMIRENA
                                                                Oh dio!
 AQUILIO
 Armati di fortezza. Io t'insegnai
200ad evitare il tuo destin funesto. (Parte)
 EMIRENA
 Misera me! Che duro passo è questo.
 
 SCENA V
 
 ADRIANO, FARNASPE ed EMIRENA
 
 ADRIANO
 Principe, quelle sono
 le sembianze che adori? (A Farnaspe)
 FARNASPE
                                                Ah sì; son quelle;
 e sempre agli occhi miei sembran più belle.
 EMIRENA
205(Mi trema il cor).
 ADRIANO
                                   Vaga Emirena osserva
 con chi ritorno a te. Più dell'usato
 so che grato ti giungo. Afferma il vero.
 EMIRENA
 Non so chi sia quello stranier.
 FARNASPE
                                                        Straniero! (Resta sospeso)
 ADRIANO
 Che! Nol conosci?
 EMIRENA
                                   (Oh dio!) No.
 ADRIANO
                                                              Quei sembianti
210altrove hai pur veduti.
 EMIRENA
 No. (Se parlo io mi scopro e siam perduti).
 ADRIANO
 Prence, questa è colei che teco apprese
 a vivere e ad amare?
 FARNASPE
                                         Io perdo il senno.
 Non so più dove son né chi son io.
 EMIRENA
215(L'angustie di quel cor risente il mio).
 ADRIANO
 Se mai fosse timore il tuo ritegno,
 senti Emirena. Io degli affetti altrui
 non son tiranno. Ecco il tuo ben. Lo rendo
 com'è ragione al suo primiero affetto.
 EMIRENA
220(Emirena costanza). Io non l'accetto.
 FARNASPE
 Principessa! Idol mio! Che mai ti feci? (Con trasporto)
 Son reo di qualche fallo?
 Sei sdegnata con me? Dubiti forse
 della mia fedeltà?
 EMIRENA
                                    Taci.
 FARNASPE
                                                Io son quello...
 EMIRENA
225Ma taci per pietà. N'è degno assai
 lo stato in cui mi vedi.
 FARNASPE
                                           Almen rammenta...
 EMIRENA
 Di nulla io mi rammento;
 nulla io so dir. Del mio destino avverso
 abbastanza m'affanna
230il tenor pertinace;
 se oppressa non mi vuoi, lasciami in pace.
 FARNASPE
 Lasciami in pace! Ubbidirò, crudele,
 ma guardami una volta. In questa fronte
 leggi dell'alma mia... No, non mirarmi,
235barbara, se pur vuoi
 che ubbidisca Farnaspe a' cenni tuoi.
 
    Dopo un tuo sguardo, ingrata,
 forse non partirei,
 forse mi scorderei
240tutta l'infedeltà.
 
    Tu arrossiresti in volto,
 io sentirei nel core,
 più che del mio dolore,
 del tuo rossor pietà. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 ADRIANO ed EMIRENA che vuol partire
 
 ADRIANO
245Dove, Emirena?
 EMIRENA
                                 A pianger sola. Il pianto
 libero almen mi resti,
 giacché tutto perdei.
 ADRIANO
                                        Nulla perdesti.
 Io perdei la mia pace,
 cara, negli occhi tuoi.
 EMIRENA
                                         Da te speravo (In aria maestosa)
250più rispetto, o signor. L'animo regio
 non si perde col regno,
 che se il regno natio
 era della fortuna, il core è mio.
 ADRIANO
 (Bella fierezza!) E in che t'offendo? Io posso
255offerirti se vuoi
 e l'impero e la man.
 EMIRENA
                                       No; tu nol puoi.
 Son promessi a Sabina.
 ADRIANO
                                              È ver, l'amai
 quasi due lustri; hanno a durare eterni
 alfin gli amori? Io non suppongo in lei
260tanta costanza; ed or diverso assai
 son io da quel che fui. Veduto allora
 non avevo il tuo volto; era privato;
 era vicino a lei. Sospiro adesso
 ne' lacci tuoi; porto l'alloro in fronte;
265e Sabina è sul Tebro, io sull'Oronte.
 
 SCENA VII
 
 AQUILIO frettoloso e detti
 
 AQUILIO
 Signor...
 ADRIANO
                   Che fu?
 AQUILIO
                                    Dalla città latina
 giunge...
 ADRIANO
                   Chi giunge mai?
 AQUILIO
                                                    Giunge Sabina.
 ADRIANO
 Sommi dei!
 EMIRENA
                         (Qual soccorso!)
 ADRIANO
                                                         E che pretende
 per sì lungo cammin... Senza mio cenno...
270Non t'ingannasti già?
 AQUILIO
                                          Senti il tumulto
 del popolo seguace
 che la saluta augusta.
 ADRIANO
                                         Aquilio, oh dio!
 Va', conducila altrove. In questo stato
 non mi sorprenda. A ricompormi in volto
275chiedo un momento. Ah poni ogn'arte in uso.
 AQUILIO
 Signor, viene ella stessa.
 ADRIANO
                                               Io son confuso.
 
 SCENA VIII
 
 SABINA con seguito e detti
 
 SABINA
 Sposo! Augusto! Signor! Quest'è il momento
 che invan finor bramai. Giunse una volta;
 son pur vicina a te; soffri che adorno
280di quel lauro io ti miri
 che costa all'amor mio tanti sospiri.
 ADRIANO
 (Che dirle?)
 SABINA
                          Non rispondi?
 ADRIANO
                                                       Io non sperai...
 Potevi pure... (Oh dio!) Chiede ristoro
 la tua stanchezza. Olà, di questo albergo
285a' soggiorni migliori
 passi Sabina. E al par di noi s'onori.
 SABINA
 Che! Tu mi lasci? Il mio riposo io venni
 a ricercare in te.
 ADRIANO
                                 Perdona; altrove
 grave cura or mi chiama.
 SABINA
                                                Era una volta
290tua dolce cura ancor Sabina.
 ADRIANO
                                                      È vero;
 ma la cura più grande oggi è l'impero. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 SABINA, EMIRENA, AQUILIO
 
 SABINA
 Aquilio, io non l'intendo.
 AQUILIO
                                                Eppur l'arcano
 è facile a spiegar. Cesare è amante.
 Questa è la tua rival. (Piano a Sabina)
 EMIRENA
                                         Pietosa Augusta,
295sì lungamente il cielo
 a Cesare ti serbi, una infelice
 compatisci e socorri. E regno e sposo
 e patria e genitor, tutto perdei.
 SABINA
 (Mi deride l'altera).
 EMIRENA
                                       Un bacio intanto
300su la cesarea man...
 SABINA
                                      Scostati. Ancora
 non son moglie d'Augusto; e quanto dici
 misera tu non sei. Poco ti tolse,
 lasciandoti il tuo volto,
 l'avversa sorte. Acquisterai se vuoi
305più di quel che perdesti. E forse io stessa
 la pietà che mi chiedi
 mendicherò da te.
 EMIRENA
                                    La mia catena...
 SABINA
 Non più. Lasciami sola.
 EMIRENA
                                             (Oh dei, che pena!)
 
    Prigioniera abbandonata
310pietà merto e non rigore.
 Ah fai torto al tuo bel core
 disprezzandomi così.
 
    Non fidarti della sorte;
 presso al trono anch'io son nata
315e ancor tu fra le ritorte
 sospirar potresti un dì. (Parte)
 
 SCENA X
 
 SABINA ed AQUILIO
 
 AQUILIO
 (Tentiam la nostra sorte).
 SABINA
                                                 Il caso mio
 non fa pietade, Aquilio?
 AQUILIO
                                               È grande invero
 l'ingiustizia d'Augusto. Ei non prevede
320come puoi vendicarti. A te non manca
 né beltà né virtù. Qual freddo core
 non arderà per te? Sugli occhi suoi
 dovresti...
 SABINA
                      Che dovrei? (Con serietà e sdegno)
 AQUILIO
 Seguitarlo ad amar, mostrar costanza,
325e farlo vergognar d'esserti infido.
 (Si turba il mar. Facciam ritorno al lido). (Parte)
 
 SCENA XI
 
 SABINA sola
 
 SABINA
 Io piango! Ah no. La debolezza mia
 palese almen non sia. Ma il colpo atroce
 abbatte ogni virtù. Vengo il mio bene
330fino in Asia a cercar; lo trovo infido,
 al fianco alla rivale,
 che in vedermi si turba,
 m'ascolta appena, e volge altrove il passo;
 né pianger debbo? Ah piangerebbe un sasso.
 
335   Numi, se giusti siete,
 rendete a me quel cor.
 Mi costa troppe lagrime
 per perderlo così.
 
    Voi lo sapete, è mio;
340voi l'ascoltaste ancor
 quando mi disse addio,
 quando da me partì. (Parte)
 
 SCENA XII
 
  Cortili del palazzo imperiale con veduta interrotta d’una parte del medesimo che soggiace ad incendio ed è poi diroccata da guastatori. Notte.
 
 OSROA dalla reggia con face nella sinistra e spada nuda nella destra. Seguito d’incendiarii parti e poi FARNASPE
 
 OSROA
 Feroci parti, al nostro ardir felice
 arrise il ciel. Della nemica reggia
345volgetevi un momento
 le ruine a mirar. Pure è sollievo
 nelle perdite nostre
 quest'ombra di vendetta. Oh come scorre
 l'appreso incendio! E quanti al cielo inalza
350globi di fumo e di faville! Ah fosse
 raccolto in quelle mura
 ch'or la partica fiamma abbatte e doma
 tutto il Senato, il Campidoglio e Roma.
 FARNASPE
 Osroa mio re.
 OSROA
                            Guarda Farnaspe. È quella (Accennando l’incendio)
355opera di mia man.
 FARNASPE
                                     Numi! E la figlia?
 OSROA
 Chi sa? Fra quelle fiamme
 col suo Cesare avvolta
 forse de' torti tuoi paga la pena.
 FARNASPE
 Ah Emirena! Ah mio bene! (Vuol partire)
 OSROA
                                                     Ascolta. E dove?
 FARNASPE
360A salvarla e morir. (Come sopra)
 OSROA
                                      Come! Una ingrata
 che ci manca di fé, pone in oblio...
 FARNASPE
 È spergiura, lo so, ma è l'idol mio. (Getta il manto ed entra tra le fiamme e le ruine della reggia)
 
 SCENA XIII
 
 OSROA solo
 
 OSROA
 Se quel folle si perde,
 noi serbiamoci, amici, ad altre imprese.
365Vadan le faci a terra. Al noto loco
 ritornate a celarvi. Eppure ad onta (Parte il seguito)
 del mio furor, sento che padre io sono.
 Non so quindi partir. Sempre mi volgo
 di nuovo a quelle mura. Eh non s'ascolti
370una vil tenerezza. Ah forse adesso
 però spira la figlia. E forse a nome
 moribonda mi chiama. A tempo almeno
 fosse giunto Farnaspe. Il lor destino
 voglio saper. Dove m'inoltro? Oh dei!
375Di qua gente s'appressa;
 di là cresce il tumulto; e tutto in moto
 è il cesario soggiorno. Oh amico! Oh figlia!
 Parto? Resto? Che fo? Senza salvarli
 mi perderei. Ma giacché tutto o numi
380volevate involarmi,
 questi deboli affetti a che lasciarmi? (Fugge)
 
 SCENA XIV
 
 EMIRENA fuggendo, indi FARNASPE incatenato fra le guardie romane
 
 EMIRENA
 Misera dove fuggo?
 Chi mi socorre? Almen sapessi... Oh dei!
 Farnaspe!
 FARNASPE
                      Principessa!
 EMIRENA
385Tu prigionier?
 FARNASPE
                              Tu salva!
 EMIRENA
                                                 Agl'infelici
 difficile è il morir. Di quelle fiamme
 sei tu forse l'autor?
 FARNASPE
                                      No; ma si crede.
 EMIRENA
 Perché?
 FARNASPE
                  Perché son parto,
 perché son disperato, in quelle mura
390perché fui colto.
 EMIRENA
                                E a che venisti?
 FARNASPE
                                                               Io venni
 a salvarti e morir.
 EMIRENA
                                    Ma se tu mori,
 credi salva Emirena?
 FARNASPE
                                          Ah perché mai
 mi schernisci così? Troppo è crudele
 questa finta pietà.
 EMIRENA
                                    Finta la chiami?
 FARNASPE
395Come crederla vera? Assai diversa
 parlasti, o principessa.
 EMIRENA
 Il parlar fu diverso. Io fui l'istessa.
 FARNASPE
 Ma le fredde accoglienze?
 EMIRENA
                                                 Eran timore
 d'irritar d'Adriano il cor geloso.
 FARNASPE
400E da lui che temevi?
 EMIRENA
 D'un trionfo il rossor.
 FARNASPE
                                          Se generoso
 la mia destra t'offerse.
 EMIRENA
                                            Arte inumana
 per legermi nel cor.
 FARNASPE
                                       Dunque son io...
 EMIRENA
 La mia speme, il mio amor.
 FARNASPE
                                                     Dunque tu sei...
 EMIRENA
405La tua sposa costante.
 FARNASPE
                                          E vivi...
 EMIRENA
                                                           E vivo
 fedele al mio Farnaspe. A lui fedele
 vivrò fino alla tomba. E dopo ancora
 ne porterò nell'alma
 l'imagine scolpita,
410se rimane agli estinti orma di vita.
 FARNASPE
 Non più, cara, non più. Basta, ti credo;
 detesto i miei sospetti.
 Te ne chieggo perdon. Barbare stelle,
 eppure ad onta vostra
415misero non son io. Disfido adesso
 i tormenti, gli affanni,
 le furie de' tiranni,
 la vostra crudeltà. M'ama il mio bene.
 Il suo labbro mel dice;
420e in faccia all'ire vostre io son felice. (In atto di partire)
 EMIRENA
 Ah non partir.
 FARNASPE
                             Conviene
 seguir la forza altrui.
 EMIRENA
                                         Farnaspe, oh dio!
 Che mai sarà di te?
 FARNASPE
                                       Nulla pavento.
 Sarà la morte istessa
425terribile soltanto
 che negato mi sia morirti accanto.
 
    Se non ti moro a lato,
 idolo del cor mio,
 col tuo bel nome amato
430fra' labbri morirò.
 
 EMIRENA
 
    Se a me t'invola il fato,
 idolo del cor mio,
 col tuo bel nome amato
 fra' labbri morirò.
 
 FARNASPE
 
435   Addio mia vita.
 
 EMIRENA
 
                                   Addio,
 luce degli occhi miei.
 
 FARNASPE
 
 No; se fedel mi sei,
 non so che più bramar.
 
 EMIRENA
 
    No; se il mio ben perdei,
440non so che più sperar.
 
 FARNASPE
 
    Un tenero contento
 eguale a quel ch'io sento
 come si può trovar?
 
 EMIRENA
 
    Un barbaro tormento
445eguale a quel ch'io sento
 come si può trovar?
 
 Fine dell’atto primo